lunedì 4 gennaio 2016

L'auto-terapia del "fare": la clownterapia

Dato che nel mio post "di ritorno" ho accennato a vari elementi della mia vita che si sono modificati in questo periodo e di varie cose "messe in pentola" per la costruzione della mia nuova vita, vorrei man mano parlarvene tramite alcuni post che intitolerò "l'auto-terapia del "fare"".
Parlo di auto-terapia anche perché non vi ho ancora detto che da settembre ho lasciato la mia terapia con lo psicologo perché eravamo ad un punto di stallo e quindi per ora mi sto occupando da sola della mia ripresa.
Poi vi parlerò anche delle motivazioni per cui sono arrivata a questa scelta, ma intanto volevo spiegarvi il motivo per cui la definisco un'auto-terapia :).

Insomma, vi ho accennato e avete visto su Facebook alla mia esperienza come clown in pediatria.
Ho iniziato ad inizio novembre già l'aver iniziato è stato un successo, visto che al termine del primo (di 5) giorno di formazione volevo già lasciare perché "ma che mi metto a fare un altro impegno? e poi con lo studio come faccio? ma perdo un sacco di tempo! e se poi inizio e non ci vado mai?"
Ma insomma, ho tenuto duro, ho terminato la formazione, disegnato e colorato il mio camice ed iniziato ad andare in reparto.
Ovviamente, ogni volta che devo andare, prima di uscire di casa, vorrei ficcarmi sotto le coperte e non andarci.
Come per tutto, nel momento in cui devo fare lo sforzo ed uscire di casa per fare QUALSIASI cosa mi assale il pensiero "ma in fondo in questo momento sono serena e tranquilla a casa, perché dovrei andare e magari rischiare che ci siano situazioni disagevoli?"
Però insomma, rispetto ai famosi 9 mesi fa sono pochissime le volte in cui ascolto quella voce: la maggior parte delle volte scelgo di vivere.

Okay, okay, vi mancavano i miei preamboli lunghissimi, vero?
Beh passiamo al dunque... Volevo parlarvi di due elementi della clownterapia che si sono rivelati essere terapeutici..Per me. 
Insomma, andiamo lì per cercare di portare un sorriso sul volto dei pazienti e fargli dimenticare per un breve lasso di tempo la loro condizione, nella speranza che questo li aiuti nella guarigione (e sì, ci sono basi scientifiche per il detto "ridere fa bene alla salute"), ma alla fine mi rendo conto che sono quasi più i benefici che porta a noi clown.
Nel mio ultimo post Euridice ha commentato raccontando la sua esperienza come clown e di come abbia smesso perché si facesse coinvolgere troppo dalle situazioni e non riuscisse a reggere il carico emotivo.
Ovviamente ognuno reagisce in modo diverso alla sofferenza altrui e anche nell'ambito del nostro gruppo c'è chi scoppia a piangere ogni volta (per fortuna ci hanno "addestrato" a farlo fuori dal reparto!) e chi invece rimane apparentemente indifferente (indovinate un po' chi fa parte delle cosiddette "facce di bronzo"?)
Io non scoppio a piangere e terminato il servizio chiacchiero tranquillamente come se niente fosse.
Ma solo perché metabolizzo a modo mio (e poi ve l'ho sempre detto che io non piango per tristezza, ma solo per rabbia!)
In ogni caso, qualunque sia la reazione immediata, stare a contatto con bambini e anche ragazzi quasi tuoi coetanei la cui vita è condizionata da una malattia biologica (e parlo di malattia biologica perché nei reparti in cui vado io si parla solo di malattie strettamente fisiche, ma sarebbe lo stesso se parlassimo di reparti di psichiatria, ovviamente) è sicuramente qualcosa che ti da emozioni forti.
Ecco, è questo che mi fa bene: le emozioni forti.
Io ne ho davvero bisogno, visto che il mio disturbo alimentare è coinciso con l'apatia più totale e provare gioia, dolore, esaltazione, delusione è un qualcosa a cui non sono più abituata, ma che è fondamentale per ritrovare i piaceri della vita.

C'è poi un altro elemento che mi ha fatto tanto, tanto riflettere, fin dal corso di formazione, cioè la maschera.
Il clown nasce per essere una figura grottesca, è l'esaltazione del brutto umano.
Poi ovviamente viene adattato ad un essere colorato e vivace per evitare di spaventare i bimbi (che già di per sé ne sono spesso terrorizzati) perché, insomma, vogliamo farli ridere, mica farli filosofeggiare sul brutto umano.
(E questo è il motivo per cui il mio personaggio clown è un coniglio e non un essere alto, grosso e goffo e con un naso da maiale...perché se dovessi pensare veramente ad un mio "clown interiore" sarebbe così)
Però insomma, senza divagare, questo aspetto caricaturale è un qualcosa che durante la vita quotidiana si tende a limitare il più possibile per adattarsi alle convenzioni.
E da un lato meno male, eh!
Altrimenti vedremmo in giro gente che si scaccola o si gratta il sedere senza pudore, da bravo discendente della scimmia.
Però quando, come nel mio caso, l'autolimitazione supera quelle che sono le limitazioni del vivere sociale, la possibilità di essere un po' caricature di se stessi serve.
Insomma, quando sono il mio personaggio clown non sono io e non me ne frega niente se verrà giudicato stupido o brutto o anche grasso, l'importante è che questo faccia ridere, tutto il resto mi scivola addosso.
E quindi la maschera mi serve per disinibirmi, per fregarmene dei giudizi.. Sperando in futuro di riuscire a farlo con la faccia pulita.

Gly

2 commenti:

  1. Sicuramente è un'esperienza che ti dà emozioni forti. Io però, davanti ai sorrisi dei bambini che incontravo, non riuscivo a non pensare che nel giro di qualche settimana ne sarebbe mancato qualcuno, di quei sorrisi, e come avrei potuto, allora, fare finta di nulla? La cosa davvero strana è che mentre ero in ospedale non stavo male, non mi veniva da piangere, mi sentivo bene e mi veniva spontaneo essere allegra, ma la tristezza mi colpiva tutta dopo, una doccia fredda appena ero sola a casa.
    Però trovo molto interessante la tua riflessione sulla maschera. Wilde diceva che l'uomo è davvero se stesso soltanto quando indossa una maschera, e a quanto pare la tua esperienza conferma il suo parere. È strano come una maschera, anziché nascondere, possa rivelare qualcosa, e mi auguro davvero che funzioni da "esercizio" per poterci riuscire anche senza.
    Ti abbraccio e ti ammiro tanto!

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  2. Sei da ammirare, credimi!
    Io con il carattere che mi ritrovo non potrei fare niente del genere. Mi risulterebbe troppo faticoso e pesante perchè farei tutto "meccanicamente", senza alcuna spontaneità.
    (E' proprio questo uno dei miei maggiori problemi: il non lasciarsi mai andare)
    Sono sicura che questa sia una terapia utilissima, che dona grandissime soddisfazioni... tuttavia penso che ci siano persone portate in tali ambite ed altre (come me) che non potrebbero mai portare a termine (ma nemmeno cominciare nel mio caso) un'esperienza così. E' una mia convinzione, forse errata!
    A parte ciò rinnovo i miei complimenti su questo tuo progetto. Molto importante per sconfiggere le voci della malattia, per superare i tuoi limiti, per sentirti soddisfatta e leggera con addosso la tua maschera.
    Approposito di maschera, mi viene spontaneo il collegamento con Pirandello, verso il quale provo profondissima ammirazione.
    Hai detto che nella vita si tende ad adattarci alle convinzioni, a metterci "paletti" comportamentali per seguire certe regole, scritte o semplicemente consuetudinarie.
    Lasciarci andare (lo dico proprio io che non lo faccio mai) è una delle cose più belle che siano! E se la maschera da clown ti da' questa possibilità sfruttala appieno!
    Ti abbraccio!!

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